I patrioti della Stay Behind non cercano visibilità per sé quindi chiedono di essere citati per nome, esattamente come facevano durante la loro attività svolta al servizio della Repubblica, pronti a difenderla anche con le armi!
FRANCO, classe 1940
Sono entrato a far parte della Stay Behind (S/B) nel 1970, contattato dall’ amico “Gian” il quale faceva già parte della struttura come capo rete.
Il mio assenso richiestomi in modo generico da Gian, si concretizzò con un incontro/colloquio, avvenuto a Udine, alla presenza di Dirigenti della struttura militare dei Servizi Speciali dell’Esercito Italiano; venni così a conoscenza dell’esistenza della Gladio, dei volontari civili, e militari dell’Esercito Italiano, che ne facevano parte e degli scopi che tale struttura si prefiggeva. Mi illustrarono sommariamente i compiti e gli addestramenti ai quali venivano sottoposti gli aderenti a detta struttura, che operava in ambito NATO, raccomandandomi comunque il massimo riserbo.
Così, trascorsi alcuni mesi, nel 1972 divenni operativo; da allora, fino al 1990 ho partecipato a diversi corsi base e corsi di aggiornamento in strutture militari ed a esercitazioni promosse e svolte nella Zona della “Stella Alpina”, nome dato alla struttura operante nel Nord/Est del Friuli Venezia Giulia.
I corsi, svolti nelle strutture Militari in Sardegna, comprendevano: Infiltrazione ed Esfiltrazione dal territorio occupato, Topografia, Pedinamento e Riconoscimento che si svolgevano in varie città, in zone più o meno abitate, Uso di alcune armi individuali. Installazione, collegamento e ricerca frequenze radio per eventuali necessità operative.
In particolare ho partecipato a un corso per operatore con radio rice-trasmittente, in quanto questo tipo di radio escludeva l’operatore radiotelegrafista con segnali morse.
Veniamo alle esercitazioni.
Queste erano effettuate nella Zona Nord/Est di nostra competenza. Ne ho svolto diverse, dove lo scopo era chiaramente quello di prepararci alle azioni di Esfiltrazione e Infiltrazione di personaggi considerati importanti dalle strutture Nato; durante tali esercitazioni sono venuto in contatto, per la maggiore parte delle volte, con persone di nazionalità straniera Inglese o, credo, Belga.
Le esercitazioni potevano durare diversi giorni e noi volontari dovevamo alternare le operazioni S/B agli impegni lavorativi provvedendo a far si che, sia i datori di lavoro che i famigliari non sospettassero di quest’altra attività segreta della quale facevamo parte. Bisognava trovare sempre delle giustificazioni plausibili adatte al momento. Le esercitazioni ci impegnavano in modo assoluto e concreto; al termine delle stesse venivano fatti degli incontri in “Case sicure” (sedi di ritrovi , che venivano localizzate di volta in volta in base alle operazioni che dovevamo svolgere) e che servivano, a fine esercitazione, a valutare la professionalità degli operatori. Se un membro dimostrava scarso impegno e interesse, poteva essere messo in “disparte” ed esonerato da altri contatti.
In coppia con un mio collega Bruno, in una esercitazione svolta nei pressi della Val Canale / Canal del Ferro, dovevamo accompagnare delle persone ad un appuntamento per una Esfiltrazione; contrariamente alle previsioni, eravamo ai primi di aprile, tutta la zona era ricoperta da un ‘ abbondante nevicata.
Trovando la strada sempre più inagibile, feci cenno a Bruno di fermarsi , dicendogli in un friulano molto morsicato e ristretto (Per non farci capire dalle persone che trasportavamo) che era assolutamente inopportuno proseguire perché non riuscivamo a percorrere il tratto che ci rimaneva per essere puntuali all’appuntamento per esfiltrare le persone che avevamo in carico. Gli proposi che era meglio che io andassi a fare un sopralluogo a piedi , in modo da valutare la possibilità se poter proseguire o attivare il piano di emergenza.
Era necessario infatti, oltre che fare una parte del percorso che ci mancava con il mezzo a disposizione, percorrere un’altra parte a piedi; ed il tempo a disposizione era molto ridotto per giungere puntuali all’appuntamento. Nevicava forte e avendo io una attrezzatura più idonea al caso, andai avanti per una cinquantina di metri, per rendermi conto della situazione; Bruno a causa della visibilità ridotta, mi perse di vista e in friulano gridò più volte ” Torne in daûr! Porco Gjude!” e io dopo qualche richiamo di Bruno, un pò arrabbiato, perché volevo assicurarmi dell’impossibilità assoluta di continuare, mi girai e gli gridai ” Ma va a fatti bolli”.
Il tutto si risolse poi nel modificare (in accordo con Bruno) il percorso, attivando il piano di emergenza al fine di essere puntuali all’appuntamento nella località predefinita.
Terminate le operazioni rientrammo nella Casa Sicura per fare il nostro rapporto sulle operazioni svolte e modalità attuate. Analogo rapporto compilarono gli esfiltrati specificando che noi due ci chiamavamo per nome e che i nostri nomi erano “Porco Gjude” io Franco, e “Fatti Bolli”, Bruno.
Questo a dimostrazione che nulla passava inosservato ad entrambe le parti. e lo scopo delle esercitazioni, era di mettere in luce, carenze o errori..
Vale la pena raccontare un altro caso. Successe quando dovevo ricevere una persona ai margini di un determinato bosco. All’incontro la persona doveva dire la Parola d’Ordine, io rispondevo con la Contro-parola.
Se “Parola d’ordine e Contro parola erano dette correttamente sarebbe avvenuto l’aggancio, altrimenti, ignorando la persona si doveva proseguire il cammino per ritornare poi sul luogo dell’appuntamento e ripetere l’operazione per altre due volte a intervalli di tempo prestabiliti. Se il tutto non andava a buon fine dovevo rientrare alla Casa Sicura, abbandonando la persona al suo destino.
La persona che dovevo contattare, al mio incontro, disse la Parola d’Ordine invertendo due parole della frase e cioè invece di dire “A che ora parte il treno da Udine” mi disse per tre volte “A che ora il treno parte da Udine”; avuta ogni volta la risposta errata, anche se di poco, son rientrato in sede (Casa Sicura) lasciando il soggetto nel bosco fino all’incontro successivo.
Questo tempo variava in realtà a seconda dell’importanza dell’operazione o del “Pacco”.
Nei primi tempi, e cioè fin quando non furono fatte le valutazioni sulle mia capacità e sulla mia affidabilità comportamentale, non ero a conoscenza di chi fosse il Responsabile di Zona e venivo contattato tramite il mio primo referente Gian.
In un secondo tempo, venni presentato al mio Capo-rete ed agli altri componenti del gruppo con i quali avrei operato in seguito.
Nei corsi in Sardegna e nelle esercitazioni a carattere nazionale, cioè nell’ambito delle strutture militari, gli istruttori erano membri dell’Esercito Italiano. Ci si chiamava esclusivamente per nome, non esistevano tra noi gradi militari, era tassativamente proibito parlare della nostra provenienza o dare altre notizie di noi stessi e della nostra vita privata, al fine di mantenere una certa compartimentazione tra tutti, in modo da garantire la sicurezza di ciascuno sia in ambito militare che civile. Questi comportamenti adeguatamente imposti erano a garanzia di noi stessi, dell’organizzazione e nei confronti delle nostre famiglie nella deprecata eventualità di un’occupazione militare straniera.
Per frequentare i corsi in Sardegna, per le prime due volte venni “richiamato” con la Cartolina Precetto indicandomi solo il luogo e la data di dove dovevo presentarmi. Di seguito mi venivano comunicate le modalità di presentazione con le persone che avrebbero dovuto contattarmi. Erano molto curati i particolari per un riconoscimento immediato, che non desse troppo nell’occhio agli estranei. I mezzi di trasporto usati furono alternativamente via ferrovia e a mezzo aereo per le lunghe distanze. Per le esercitazioni in loco ciascuno doveva arrangiarsi con i mezzi propri.
Vorrei ancora ricordare cosa fossero e come funzionassero i “Nasco”. I Nasco erano dei contenitori nei quali veniva racchiuso del materiale ad uso bellico (armi, esplosivi, ecc.) per la difesa personale e per il sabotaggio, ma vi erano anche prodotti alimentare per la sopravvivenza e materiale didattico al fine di dare le opportune direttive sulle modalità di intervento, cioè sui tempi e spostamenti che il volontario S/B doveva attuare. Per quel che ne so i Nasco sarebbero stati posti in luoghi di facile reperibilità, in zone inerenti la nostra area di attività solo nell’imminenza delle esercitazioni o all’inizio dell’invasione straniera. Durante i corsi facevamo esercitazioni di posa e recupero dei Nasco, con “contenitori premio”, pieni cioè di cibo.
Pertanto tutto quel parlare che si è fatto sulla stampa, dopo la pubblicazione dei nostri nomi, dei Nasco ritrovati in un luogo o in un altro, è pura invenzione o di circostanze non inerenti le operazioni Gladio; inoltre si può immaginare lo sconforto ed il dispiacere che tutti noi abbiamo provato alla pubblicazione dei nostri nomi.
Questa è stata per noi come una dichiarazione di assoluto disprezzo della nostra persona, del nostro operato e della nostra fedeltà alla Patria, nel aver saputo mantenere il Segreto Militare, Segreto gelosamente custodito da noi e da tutti i componenti per tutto il periodo dell’esistenza della struttura S/B, con “serietà e professionalità”.
I politici italiani e magari altri diretti responsabili della struttura Stay/Behind per il solo scopo politico personale o di altro loro interesse, non hanno esitato a sbandierare a dritta e a manca i nostri nomi e distorcere la realtà della nostra esistenza, incuranti di violare il Segreto Militare garantitoci all’atto dell’adesione alla struttura.
Ritengo, modestamente, che noi possiamo essere citati quale esempio di cittadini italiani perché abbiamo dato prova di quanto eravamo disposti a fare con impegno, altruismo, serietà ma soprattutto amore verso la nostra Patria. Ciascuno di noi ben sapeva che se catturati dal nemico invasore la nostra sorte sarebbe stata segnata, e nel peggiore dei modi.